Nel cuore della città, dove ora brillano le vetrine più lussuose e la galleria commerciale più raffinata, si trova il quartiere elegante di Galleria Cavour. Questa zona, spesso paragonata al celebre Quadrilatero della moda milanese, è l'epitome del glamour e del buon gusto. Tuttavia, chi passeggia per queste vie oggi non immagina certo che in passato questo luogo fosse conosciuto per essere una delle zone più scandalose e disoneste della città.
Nel corso dei secoli, prima che la modernità e la rinascita seguite ai danni della Seconda Guerra Mondiale ridisegnassero la zona, Galleria Cavour era un luogo molto diverso. Nel Medioevo, questo quartiere tra piazza Galvani, piazza Cavour e piazza Minghetti era considerato un luogo di perdizione, affollato da postriboli, taverne e case da gioco. Le attività licenziose erano all'ordine del giorno.
La Galleria Cavour attuale, simbolo di rinascita e prosperità economica, fu inaugurata nel 1962, segnando l'inizio del boom economico nella città. Ma molti secoli prima, nel Trecento, il quartiere era noto come la "Corte dei Bulgari", dal nome della famiglia che possedeva le case in quella zona. La famiglia Bulgari subì un destino tragico, sterminata dalla famiglia Garisendi, dopo che Tommaso Bulgari fu ucciso in una rissa da Oliviero Garisendi.
Con il passare dei secoli, il quartiere cambió nome e divenne noto come via e piazza della Scimmia, forse a causa del cognome della famiglia Simi che vi risiedeva, oppure per via di un'osteria con un'insegna a forma di scimmia. La zona era rinomata per i suoi postriboli, e già nel 1419 si decise di collocare il bordello nella Corte dei Bulgari, in prossimità dell'osteria della Scimmia, dove rimase fino al 1438.
Nel 1643, un decreto del podestà riferiva chiaramente all'area come un "Postribolo e Lupanare nuovo della Corte dei Bulgari". Insomma, il quartiere era un luogo noto per attività di perdizione. L'osteria della Scimmia fu chiusa nel 1490 a causa della sua reputazione come rifugio di prostitute, bestemmiatori e ubriachi. Non lontano, in via de’ Foscherari, un'altra osteria era famosa per le sue clientele festaiole. L'osteria di San Silvestro fu rinominata "osteria dell’Offesa di Dio" a causa di un episodio imbarazzante che coinvolse la moglie dell'oste.
Ma chi sono state queste donne disonorate? Nel Medioevo, le prostitute e le mezzane erano registrate presso l'ufficio delle Bollette e soggette a tassazione. Questa pratica continuò fino alla chiusura delle case di tolleranza nel 1958, ed è documentata dall'Ufficio del registro che teneva un censimento delle prostitute. Ad esempio, all'inizio del XIX secolo, dopo l'arrivo delle truppe francesi, vi erano più di seicento donne che lavoravano in queste case.
Nonostante i tentativi di regolamentazione, la prostituzione a Bologna è sempre stata presente e ha sempre risposto a una domanda costante. Persino le autorità ecclesiastiche, come papa Bonifacio VIII, cercarono di reprimere il fenomeno. Nel Trecento, un giudice ordinò la distruzione delle case di tolleranza nella zona di San Marcellino, dove c'era una forte concentrazione di prostitute. Tuttavia, queste misure restrittive non ebbero successo a lungo, e le case di tolleranza continuarono ad esistere fino a tempi più moderni.
È evidente che la storia di Galleria Cavour è ricca e complessa, passando da una zona di perdizione a un'icona di lusso e prosperità economica. Questo quartiere, con la sua storia contrastante, ci ricorda che le città possono cambiare notevolmente nel corso dei secoli, adattandosi alle esigenze e alle tendenze del loro tempo.